I difetti del formaggio
Non si può apprezzare il formaggio se non si è in grado di identificarne i difetti e di valutarne la gravità (e l’eventuale modo di rimediarvi). Conoscere le caratteristiche di un formaggio è importante anche per saper valutare la presenza di difetti che, in molti casi, non sono assoluti ma sono tali in relazione al determinato tipo di formaggio in esame. I difetti si possono dividere in tre tipi:
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Difetti di crosta o di superficie
Sono difetti rilevabili all’esame visivo e senza tagliare la forma
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Difetti di struttura
Sono difetti rilevabili, all’esame visivo e tattile, tagliando la forma.
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Difetti di aroma e sapore
Sono difetti rilevabili solo con l’esame gustativo.In alcuni casi, però, il difetto si manifesta sia sotto il profilo dell’aroma e del sapore che della pasta.
Alcuni difetti sono assoluti, tali indipendentemente dalle caratteristiche del formaggio (amaro, eccesso di sale, fessurazioni, infestazione con acari e larve di insetti), altri sono relativi alle caratteristiche del formaggio (la presenza di muffe all’interno della pasta è normale per gli erborinati, i grandi occhi derivati dalla fermentazione propionica e il sapore dolce sono normali nell’Emmentaler, l’occhiatura diffusa è normale nel Pannerone, il sapore acido è normale nei caprini a coagulazione acida, in un Gorgonzola stagionato un lieve sentore di ammoniaca non può essere ascritto a difetto, etc).
Il consumatore di formaggi evoluto deve essere in grado di conoscere anche la diversa gravità dei difetti in modo da valutare se il formaggio può essere consumato (con qualche accorgimento) o non consumato. E regolarsi sulle fonti dei suoi approvvigionamenti senza dimenticare che, nel caso di vendita diretta, è interesse del produttore rapportarsi a consumatori in grado di segnalargli difetti, fornirgli dei feedback. In questo senso i clienti finali e gli appassionati assaggiatori (a partire dai soci Onaf) diventano dei collaboratori che possono aiutare a migliorare la produzione attraverso il loro monitoraggio.
Infestazione causata da acari (Tyrophagus ssp.) che riducono i formaggi in una polvere rosso-grigiastra. In questa polvere quale si ritrovano, oltre ai frammenti di formaggio, anche gli escrementi e le spoglie dei parassiti. Si manifesta normalmente in formaggi duri (o a pasta cotta) e semiduri (o a pasta semicotta) a media e a lenta stagionatura. Gli acari si sviluppano sia sulla crosta che all’interno del formaggio penetrando da fessurazioni. Causano perdita di peso. Secondo alcuni vi sarebbero influenze positive sulla maturazione del formaggio. Il problema è legato alla pulizia delle assi e dei locali di stagionatura.
L’amaro del formaggio rappresenta sempre un difetto anche se la percezione dell’amaro è in parte soggettiva, con soglie di percezione variabili, senza contare che taluni non disdegnano una “punta” di amaro. Il difetto deriva principalmente dall’accumulo di peptidi (molecole più piccole derivate dalla scissione delle proteine) amari formati dall’azione di enzimi proteolitici sulle caseine. La caseina di per sé non è una proteina “amara” ma a seguito della scissione enzimatica può liberare numerosi peptidi, tra i quali alcuni risultano di sapore amaro. Tra i difetti del formaggio l’amaro è uno dei più seri e può interessare tutte le tipologie casearie anche se, i formaggi ottenuti da latte caprino manifestano meno frequentemente questo difetto. Anche l’alimentazione del bestiame, oltre al tipo di caglio e alle contaminazioni microbiche, può determinare l’insorgere di sapore amaro. Alcune piante della famiglia delle brassicaceae (rapa) sono causa di sapori amari.
Incide anche una salatura non corretta che può modificare la struttura della caseina modificando l’azione degli enzimi proteolitici. Questi ultimi sono presenti nei batteri psicrotrofi che possono favorire l’insorgere di tale sapore. Questa circostanza spiega il nesso tra la diffusione della refrigerazione del latte alla stalla e una maggior incidenza del difetto. Lo starter (innesti di microrganismi selezionati) può essere anch’esso causa di insorgenza di amaro in relazione all’apporto di alcuni batteri lattici del tipo dei lattococchi. La contaminazione del latte con batteri di origine fecale quali gli enterococchi può rappresentare un ulteriore fattore. Fortunatamente tra i batteri lattici presenti normalmente nel latte o aggiunti con l’innesto alcuni sono in grado di degradare, mediante gli enzimi da essi prodotti, anche i peptidi amari. Può pertanto accadere che lo stesso formaggio che ad un certo stadio di maturazione risulta difettoso dopo un ulteriore periodo di stagionatura perda il difetto amaro.
Rottura della crosta e fuoriuscita della pasta interna, molle (in quanto proteolizzata) e ricca di siero, durante la maturazione. Un difetto dovuto all’uso di caglio con troppa pepsina (azione proteolitica troppo spinta), spurgo insufficiente del siero (che provoca la continuazione della fermentazione causando proteolisi accentuata) dovuto a sua volta a rottura troppo grossolana della cagliata e/o a temperature troppo basse nei locali di stufatura e stagionatura. Può dipendere anche ad un latte di cattiva qualità (mastitico). Sapore tendente all’amaro e al piccante (anche in questo caso il difetto non è tale o non è così grave per tutti i consumatori).
Colori anomali della crosta sono attribuibili a batteri del genere Pseudomonas contaminanti l’acqua utilizzata per il lavaggio delle attrezzature (blu, come nei noti casi a carico di mozzarelle, verde-blu, rossa) o a cocchi pigmentanti che causano una colorazione rossa e provengono dalla contaminazione del sale marino utilizzato. Sempre sulla crosta possiamo trovare una serie di batteri che causano colorazioni nere-grigiastre Cladosporum herbarum (anche all’interno del formaggio), Batterium denigras, Bacillus mesentericus e muffe (Monilia nigra). La pasta può assumere colore verde-azzurro per presenza di muffe Penicillium glaucum o roqueforti (normali negli erborinati) e dal rame proveniente dal latte rimasto in contatto con contenitori o utensili mal stagnati (dopo il taglio è visibile soprattutto l’azzurro). La colorazione biancastra è legata a una salagione scorretta, e non uniforme o a salamoia troppo fredda o a una rottura non omogenea della cagliata che produce una venatura simile al marmo ( formaggio marmorizzato). La colorazione rossa o rossastra della pasta è dovuta a presenza micrococchi e ifomiceti (sapore inalterato) o a Streptococcus faecalis. Il difetto si evita rinnovando la salamoia o pastorizzandola, migliorando l’areazione dei locali, pulendo i formaggi, curando la qualità dell’acqua (metalli, Pseudomonas).
È un difetto di origine tecnologica determinato da differenti cause. La cagliata assume un aspetto spugnoso, mentre la pasta del formaggio ne assume uno friabile di colore troppo chiaro e dal sapore acido. Si manifesta normalmente in formaggi molli e a pasta filata fresca, ma riguarda anche i formaggi duri e semiduri a media e a lenta stagionatura. Il difetto si manifesta nel corso della stagionatura del prodotto, in particolare durante la fermentazione (acidificazione eccessiva) evidenziando mancanza di elasticità e coesione della pasta. Nel caso di alcuni formaggi, però la gessatura al centro del formaggio non rappresenta un difetto (Stracchino all’antica) mentre è persino un pregio della toma del Lait brusc piemontese. Il difetto è legato a latte troppo povero di grasso, all’eccessiva acidità del latte di partenza, alla forte acidificazione della pasta, all’uso di eccesso di siero-innesto, alla cottura della cagliata a temperatura troppo elevata, alla rottura troppo rapida della cagliata, allo spurgo eccessivo o a temperatura troppo elevata, all’eccesso di sale, alla perdita di umidità eccessiva in cantine con scarsa umidità.
È un difetto di origine microbica causato dalla presenza elevata nel latte di batteri coliformi (Aerobacter aerogenes ed Escherichia coli) ma a volte anche batteri lattici eterofermentanti in eccesso e lieviti i quali fermentano il lattosio producendo principalmente acido lattico, anidride carbonica ed idrogeno. Si presenta entro pochi giorni dalla lavorazione, interessa la pasta con la presenza molto fitta di piccole “occhiature” e le forme, dall’esterno, appaiono rigonfiate. Il sapore tende all’amaro e l’andamento anomalo delle fermentazioni può anche determinare odori sgradevoli per formazione di composti volatili. La causa è legata a fattori di contaminazione batterica (latte inquinato con feci, acqua utilizzata nel caseificio inquinata).
È una infestazione causata da un insetto alato (dittero), ovvero una mosca che prende il nome di Piophila casei. Il formaggio infestato presenta dei fori a livello di crosta ed un aspetto cremoso all’interno, dovuto all’azione fortemente proteolitica svolta dalle larve dell’insetto che, annidandosi nel prodotto, rendono molle la pasta del formaggio che assume sapore intenso e molto piccante. Il ciclo del parassita è breve, le larve impupano sviluppando nuove mosche. Il difetto si manifesta normalmente in formaggi duri (o a pasta cotta) e semiduri (o a pasta semicotta) a media e a lunga stagionatura. La mosca si sviluppa sia sulla crosta che all’interno del formaggio. Alcuni apprezzano il formaggio con i “saltarelli” (detto anche “formaggio che cammina”) e in alcune aree era elevato a specialità locale ma se le larve sono ingerite vive (cosa peraltro difficile) con l’apparato boccale uncinato possono ulcerare la mucosa gastrica. Per questo motivo è vietata la vendita del formaggio infestato dal parassita. Il problema si evita applicando reti anti-mosche a porte e finestre.
Se rimangono all’esterno del formaggio non sono quasi mai dannose e possono facilmente essere eliminate con il lavaggio periodico con acqua e sale, l’oliatura e la raschiatura delle forme. Se, però, c’è penetrazione all’interno della pasta a causa di bolle d’aria della pasta o screpolature o rotture della crosta (attraverso le quali, esse, che necessitano di ossigeno, penetrano all’interno) si può determinare un grave danneggiamento aggravato dell’azione degli acari che si nutrono delle muffe e che penetrano nelle cavità dove esse sono presenti. Nel formaggio acquistato le muffe possono non essere macroscopicamente presenti ma si sviluppano con la conservazione. Provocano un grave deprezzamento del prodotto in quanto, attraverso i loro enzimi – o favorendo l’azione di quelli naturalmente presenti nella pasta (neutralizzazione dell’acidità dell’ambiente) – provocano un’accentuata proteolisi che determina il rammollimento della forma. Viene anche alterato l’odore e il gusto del formaggio (sgradevolmente muffoso). All’origine del problema l’eccessiva umidità (scarsa ventilazione) dei locali di conservazione, la scarsa pulizia delle assi e dei locali i difetti della pasta.
L’occhiatura non è un difetto, anzi. Ma deve essere regolare, uniformemente distribuita nella pasta, in generale piccola – tranne che ovviamente nel caso dell’Emmental e non troppo irregolare (l’irregolarità è indice di attività gasogena). Anche l’assenza di occhiatura tipica è un difetto e comporta l’appiattimento del gusto per riduzione delle attività fermentative (senza fermentazioni non si producono composti aromatici). In molti formaggi che si rifanno a tecniche tradizionali l’assenza totale di occhiatura (in luogo della “normale” occhiatura) è un grave difetto. Un difetto abbastanza grave di occhiatura è rappresentato dalla presenza di una occhiatura fine, uniforme ma molto diffusa. La pasta non è omogenea e ciò è avvertito durante la masticazione. Il gusto è alterato dai prodotti delle fermentazioni (in particolare acido propionico). Le cause sono da cercare principalmente nella scarsa qualità igienica del latte di partenza (presenza di batteri coliformi) e da una scarsa attenzione allo spurgo della cagliata.
La pasta all’interno presenta fessurazioni parallele mentre all’esterno non si nota alcuna alterazione. E’ legato ad una pasta troppo disidratata e demineralizzata (poco elastica). Le cause sono da ricercare nell’eccessiva acidità del latte di partenza o ad una eccessiva acidificazione della pasta, ad eccesso di caglio, ad una coagulazione veloce, ad eccesso di spurgo, a salatura troppo prolungata, a correnti d’aria e variazioni di temperatura nei locali di stagionatura.
Compromettono la conservazione e la presentazione del formaggio. È un difetto di origine tecnologica che si origina nel corso della stagionatura. Le forme colpite presentano screpolature sulla crosta e/o spaccature superficiali visibili, profonde 2-3 cm che possono riguardare anche la pasta del formaggio. Si manifesta normalmente in formaggi duri (o a pasta cotta) e semiduri (o a pasta semicotta) a media e a lenta stagionatura. Le cause vanno ricercate principalmente in una eccessiva demineralizzazione della cagliata che la rende poco elastica. Una circostanza dovuta a latte troppo acido in partenza o a una successiva eccessiva acidificazione o anche ad una dose di caglio eccessiva. Possono però derivare anche dalle condizioni dei locali di conservazione con temperature e umidità non idonee (l’alta temperatura di stufatura provoca un eccesso di spurgo). La disidratazione troppo veloce della superficie del formaggio (umidità troppo bassa della cantina e presenza di correnti d’aria) dissecca la parte superficiale formando precocemente la crosta ed impedendo quindi la perdita di acqua all’interno della pasta. Una circostanza che causa un’eccessiva attività fermentativa negli strati di pasta sottostanti con produzione di gas e l’esercizio di una pressione dall’interno verso l’esterno (nel gonfiore tardivo, invece, le spaccature dovute alla formazione di gas si verificano al centro stesso della forma).
Nel gergo caseario l’“unghia” è una crosta eccessivamente spessa e secca. La crosta assume colore grigio risultando poco aromatica mentre il sottocrosta è eccessivamente salato. Il difetto è causato da un eccessiva salatura, dall’areazione eccessiva dei locali che disidrata troppo rapidamente la crosta, dalle elevate temperature che provocano un eccesso di trasudazione del grasso. Va ricordato che un’unghia spessa, accompagnata da una crosta dalla superficie molto irregolare (che, comunque determina uno scarto elevato se non viene consumata), la presenza di muffe policrome è spesso contrabbandata come indice di “artigianalità” quando invece questi difetti sono ricercati a bella posta e ottenuti con una voluta trascuratezza di cure.